Trieste - Piazza Sant'Antonio con la Chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo e i palazzi prospicenti

La piazza Sant'Antonio ebbe la denominazione ufficiale il 1919, fino a quella data l'intitolazione era solo popolare. Quando nel 1934 la parte terminale del canale venne interrata con i detriti provenienti da Cittavecchia, si ricavò un'ampia piazza abbellita con un giardino e una fontana, ebbe la denominazione di "piazza Umberto I", nel 1944 venne intitolata "piazza Sant'Antonio Nuovo".

La chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo (chiamata comunemente Sant'Antonio Nuovo, per non confonderla con quella della Beata Vergine del Soccorso detta popolarmente Sant'Antonio Vecchio in piazza Hortis e non per distinguerla dalla chiesa precedente edificata sullo stesso sito nel 1769. E' il principale edificio religioso del Borgo Teresiano e del centro di Trieste. Il progetto della chiesa risale al 1808, ma i lavori cominciarono solo nel 1825. La facciata dell'edificio è caratterizzata da sei colonne ioniche. Sempre sulla facciata principale, nell'attico, sono presenti sei statue scolpite da Francesco Bosa nel 1842, raffiguranti san Giusto, san Sergio, san Servolo, sant'Apollinare, sant'Eufemia e santa Tecla. Fino alla meta del Settecento, al suo posto sorgeva una cappella privata dedicata all'Annunciazione. Dopo la concessione da parte di Antonio Rossetti di rendere l'accesso alla cappella pubblico, essa divenne insufficiente dato il grande afflusso dei credenti. Così fu deciso di innalzare una chiesa più grande, in stile barocco dedicata a Sant'Antonio .

Attorno al 1771 si completò questa struttura, ma ben presto anche questa divenne troppo piccola. Pertanto, nel 1808, diversi architetti progettarono una valida alternativa alla chiesa di Sant'Antonio Nuovo. Lo stesso anno, il progetto dell'architetto svizzero Pietro Nobile vinse il concorso. Tuttavia, la consacrazione dell'imponente chiesa (92 x 28m) si ebbe solo nel 1849.- La Piazza: Nella sua conformazione iniziale, il Canal Grande era più lungo e arrivava fino alla chiesa. La parte terminale del canale è stata interrata nel 1934, con le macerie derivanti dalla demolizione della città vecchia, ricavando così l’attuale Piazza Sant’Antonio. Dal 1935 al 1944 la era denominata Piazza Umberto I Poi. Con delibera del Podestà il 10.06.1944 il nome diventò Piazza Sant'Antonio Nuovo, così come era chiamata la chiesa.
Secondo una leggenda popolare, nell'interramento è stata sepolta anche una piccola nave torpediniera della Imperial Regia Marina da guerra austriaca che si trovava lì ormeggiata in avaria ed in abbandono dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Originariamente, ormeggiate nel canale dal 1917, le torpediniere erano due ma una fu tolta prima dell'interramento. Quella rimasta, con il motore in avaria, rimase per anni sul posto ed i ragazzi ci giocavano sopra chiamandola impropriamente: "el sotomarin". Poi, lo scafo che non avendo proprietari nessuno reclamava e nessuno era disposto a comperare, si adagiò su un fianco e così rimase fino al momento dell'interramento del canale. Sopra di essa ora c'è la fontana della piazza.

Casa Lazzarich fatta edificare nel 1795 ds Francesco Lazzarich per dare una sede all'Imperiale Regio Ufficio Montanistico e di Saggiatura dell'oro e dell'argento. Nel 1816 vi fu aperto il primo ufficio postale della città e nel 1873 fu restaurata e innalzata e l'anno seguente vi fu installato l'Ufficio Telegrafico e qualche anno dopo all'ultimo piano fu impiantata la centrale telefonico. Nel 1906 la casa fu ristrutturata nuovamente su progetto dall'architetto Giorgio Polli.

Sopra e a sinistra.

Casa Scaramangà
: Immobile in Piazza Sant'Antonio nuovo 2, costruito a lato della chiesa di Sant'Antonio Nuovo, fu edificato nel 1824 su disegno di Giacomo Fumis.
Committente era la famiglia Nicolich, della comunità illirica. Nel 1825, sempre su progetto del Fumis, venne realizzata la sopraelevazione del terzo piano. Nel 1844 l'architetto Valentino Valle apportò delle modifiche agli interni. Nel 1937 venne modificata la facciata al piano terra. La facciata è scandita da lesene che si dipartono dalla cornice marcapiano che delimita il pianoterra. In corrispondenza dell'ingresso, al primo e al secondo piano, si trovano dei balconcini con ringhiera in ferro battuto. Sul portale d'ingresso, in chiave d'arco, è collocato un panduro raffigurante una testa d'uomo tra le fauci di un pesce. Probabilmente è un riferimento a un membro della famiglia Nicolich, capitano di marina, morto in mare durante un naufragio. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra: L'edificio fu costruito nel 1901 su progetto dell'architetto Vittorio Salem. Appartenuto al Sovrano Erario Austriaco, per diversi anni ospitò gli uffici della Questura, successivamente trasferiti nell'ex Casa del Fascio. Attualmente nell'edificio sono ospitati uffici della Guardia di Finanza e della Polizia di Frontiera. L'entrata principale è posta al numero 2 di Via XXX Ottobre.
l fabbricato, a pianta rettangolare con tre affacci, presenta cinque piani fuori terra. L'alto basamento a bugnato comprende il piano terra e il primo piano. Le aperture del primo piano sono ad arco a tutto sesto, con una cornice a bugnato che ne sottolinea l'andamento curvilineo. Il portale d'ingresso principale, su via XXX Ottobre, è affiancato da due colonne che sorreggono la trabeazione sulla quale è collocato uno scudo in pietra. La trabeazione è coronata da un frontone spezzato. Le facciate sono caratterizzate da lesene semplici e corinzie di ordine gigante nei due piani intermedi, racchiusi da cornici marcapiano. Le finestre del secondo piano, a tutto sesto, sono sormontate da timpano. Sulla facciata principale, sopra al portale d'ingresso, si trova un balcone a balaustri impostato su grandi modiglioni. All'ultimo piano sono presenti elementi decorativi in stile liberty. L'edificio culmina con un ricco cornicione di coronamento. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

A sinistra: Palazzo al n. 7 della piazza, : costruito nel 1868 su progetto dell'architetto lombardo Carlo Maciachini, sotto la direzione del triestino Pietro Palese. Nel 1902 la struttura viene ampliata su disegno dell'ingegnere Giuseppe Dimmer. Rispetto al disegno originale l'edificio costruito presenta una decorazione più semplice, priva delle pitture e degli affreschi esterni originari e delle bifore caratterizzanti il pianoterra. Il palazzo fa parte del complesso immobiliare costituito dal tempio serbo-ortodosso di San Spiridione e l'edificio del "Caffè Stella Polare".

La struttura nasce, quindi, come costruzione accessoria del tempio, la cui forma semicircolare dell'abside viene completata dall'edificio stesso attraverso due lunghi corridoi simmetrici ai lati, come emerge dagli elaborati progettuali, che evidenziano l'applicazione della medesima planimetria per l'edificio opposto di Via Genova, n. 12; gli edifici considerati rappresentano, infatti, le uniche testimonianze di "case d'abitazione" caratterizzate da elementi di stile "neogotico-eclettico" ideate dall'architetto lombardo Maciachini. Entrambe le soluzioni presentano riferimenti eclettici di ascendenza neoromanica con inserti bizantini-orientali, che identificano il contesto urbanistico delle proprietà serbo-ortodosse formanti il complesso immobiliare sorto tra il Canal Grande ed il Tempio di San Spiridione. L'edificio ospita la Scuola Serba "Jovan Miletic", creata nel 1790 con il lascito del commerciante Giovanni Miletic. Alla fine dell’Ottocento vi studiò il re de Montengro Nicola, padre della regina Elena (moglie di re Vittorio Emanuele III). (da: biblioteche.comune.trieste.it)

Palazzo neoclassico, restaurato nel 1837 da Antonio Buttazzoni, che fa angolo con Via Fabio Filzi, dove ha sede il Museo della Fondazione Giovanni Scaramangà d'Altomonte.
Giovanni Scaramangà (1872-1960), discendente da una nobile e antica famiglia di origine greca, figura di spicco nella vita economica e culturale di Trieste nella prima metà del Novecento, Consigliere e poi Presidente della Camera di Commercio ed Industria.
Fu appassionato, raffinato ed esperto collezionista di documenti e oggetti d'antiquariato legati alla storia di Trieste. La collezione Scaramangà raccoglie un gran numero di pezzi di grande valore e interesse storico: stampe, carte geografiche, libri, incunaboli e cinquecentine, bolle e brevi pontifici, manoscritti provenienti dal Monastero delle Benedettine di San Cipriano di Trieste, mobili e oggettistica artigianale dell'Ottocento, medaglie, monete, quadri, miniature, orologi, peltri, leggi e decreti, pubblicazioni per nozze, libretti d'opera, messali e paramenti sacri, diari e libretti d'appunti di celebri triestini, autografi, ecc.


Caffè Stella Polare
A sinistra: Caffè Stella Polare: Il palazzo sorge su Piazza Sant'Antonio Nuovo, già Piazza Umberto I, interrata nel 1934, su cui si affaccia la più recente chiesa di Sant'Antonio, consacrata nel 1842. L'area su cui viene eretto l'edificio è registrata in origine a nome di Aleksandar Vukasovic, dal 1765 è proprietà della Confraternita Greco-Illirica, in seguito della comunità serbo-ortodossa, separatasi da quella greca, a sua volta trasferita nella chiesa di San Nicola. L'edificio viene costruito sul sito occupato dall'originario palazzo ottocentesco disegnato da Antonio Buttazzoni e demolito nel 1902. Entro il 1904 viene eretta la nuova struttura su progetto dell'ingegnere Carlo Cambiagio, che modifica l'impianto dell'edificio preesistente con la creazione di un piano aggiuntivo. Il palazzo ospita dal 1867 il Caffè Stella Polare, inizialmente gestito da Antonio Carmelich e dal 1910 da Riccardo Leipziger e Mario Striscia. Durante i lavori di costruzione del nuovo stabile il Caffè viene provvisoriamente sistemato in un padiglione di legno e gesso, realizzato in stile Secession; le fonti dell'epoca ricordano la presenza di importanti esposizioni temporanee nelle sale superiori del Caffè, tra cui si segnala la grande mostra postuma di Umberto Veruda.
Il Caffè Stella Polare, la cui nuova sede è inaugurata il 7 febbraio del 1904, un tempo era dotato di un bancone in legno di ciliegio, di sala biliardo e sala riunioni e lettura (conserva ancora grandi specchiere importate via mare agli inizi del 900) e viene frequentato da intellettuali triestini e stranieri, soprattutto tedeschi.

Il 23 maggio 1915 il Caffè viene devastato da vandali anti italiani causando la perdita di una parte dell'arredamento originario. Durante l’occupazione angloamericana era una famosa sala da ballo, complice, come altri locali, di numerosi matrimoni tra ragazze del luogo e soldati alleati. Attualmente all'interno del locale sono presenti gli specchi e le decorazioni in stucco originali.
Il palazzo: La struttura, a pianta rettangolare, è costituita da quattro livelli fuori terra. Affaccio su Piazza Sant'Antonio, Via Genova e Via Dante Alighieri. L'immobile presenta al pianoterra un rivestimento a bugnato articolato da una serie di aperture ad arco a tutto centro, arricchite da panduro in chiave di volta in corrispondenza dei due ingressi principali. I piani superiori sono trattati ad intonaco e presentano una serie di aperture caratterizzate da diverse cornici. Al secondo piano le finestre sono decorate da frontone a timpano sorretto da mensoloni e da rilievi in pietra a motivi geometrici in corrispondenza delle specchiature inferiori. Il livello superiore presenta aperture con cornice curvilinea ed elementi in pietra a decorazione dei davanzali. L'ultimo piano è caratterizzato da finestre arricchite da semplice cimasa lineare; a coronamento della superficie muraria sono collocati dei riquadri a rilievo raffiguranti motivi floreali e ornamentali a nastri e coppie di mensoloni a voluta a sostegno della gronda. La superficie muraria termina con una cornice a dentelli che corre per tutto il perimetro dell'edificio. Gli ambienti del pianoterra sono occupati dal Caffè Stella Polare. I locale presenta tre sale di dimensioni diverse con annessi servizi e magazzini; gli spazi sono separati da archi a tutto centro decorati a stucco, mentre le pareti sono decorate da specchi e quadri. (da: biblioteche.comune.trieste.it)


Caffè Stella Polare
Piazza Sant'Antonio: La zona delle antiche saline a ponente delle mura della città medievale, demolite, per volere dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria nel 1749, cominciò ad essere bonificata già a partire dagli inizi del XVIII secolo concretizzando il progetto del suo totale interramento allorquando la sovrana cedette al Comune i fondi su cui erigere la futura città Teresiana. Il vasto terreno paludoso più vicino al mare era attraversato, all'epoca, da tre canali di diversa grandezza accessibili alla navigazione di piccolo cabotaggio messo a servizio delle saline: uno, detto del Vino o Piccolo, lungo un centinaio di metri interrato per motivi igienici nel 1816. Uno medio, corrispondente pressappoco all'attuale canale che dalla chiesa di S. Antonio Nuovo conduce fino al mare ed infine un terzo, più corto degli altri due. Quando si stabilì di bonificare l'area, si prese in considerazione il progetto di interrare il più piccolo, allargare il medio (rendendolo agibile ai bastimenti di stazza maggiore) e conservare il canale del Vino. Per ordine di Maria Teresa, il 14 ottobre 1756, il Canal Grande venne ampliato e dotato di una sponda murata sotto la direzione dell'architetto Matteo Pirona al costo di 90.000 fiorini. Inizialmente lungo le sponde furono piantati degli alberi, immantinente tolti per probabili motivi di ordine pratico, intralciando l'ormeggio dei bastimenti ed il transito delle merci. Largo 28,4 metri, il corso d'acqua era attraversato da due ponti di ferro mobili: il cosiddetto Ponte Verde e il più noto Ponte Rosso, che metteva in comunicazione l'omonima piazza con l'allora Via delle Poste.
Nel 1769 venne eretta, nel tratto antistante la parte terminale del Canal Grande, una chiesa barocca dedicata a S. Antonio che, come ci ricorda il Generini, fu costruita con il "peculio di pii benefattori ad iniziativa dei fedeli dell'antica confraternita dei nobili addetta alla chiesa volgarmente nota per S. Antonio vecchio".
Lo spazio compreso tra il nuovo fabbricato ed il canale prese quindi il nome di Piazza S. Antonio. La chiesa fu restaurata nel 1784 e, ritenuta non più consona alle mutate situazioni demografiche, fu demolita e sostituita, nel 1827, con l'attuale edificio progettato dall'architetto Pietro Nobile. Il nuovo tempio, consacrato dal vescovo Bartolomeo Legat, fu officiato per la prima volta il 3 aprile 1842, ma completato appena nel 1849. Allorquando i lavori di fabbricazione dell'edificio erano in fase di ultimazione, si decise di portare a termine anche il progetto di sostituzione del vecchio selciato nella parte antistante la chiesa.
La lastricazione della Contrada di S. Antonio avvenne, infatti, in periodi successivi, tra il 1820 ed il 1835, allorquando tutta l'originaria pavimentazione della città venne sostituita con delle pietre più regolari ed ordinate. Nel 1820 Il Consiglio comunale aveva perfino avvallato un progetto di modifica delle ruote dei carri addetti al trasporto delle merci da un magazzino all'altro, di modo che la pavimentazione del nuovo lastricato non potesse esser compromessa. Nel 1824 il Comune decretò anche la costruzione di una ringhiera di ferro battuto da sistemarsi sulla testa del canale, proprio dirimpetto alla facciata della chiesa. Ma la demolizione del vecchio edificio e il notevole rallentamento dei lavori del nuovo, di fatto, condizionarono l'effettiva selciatura dell'area prospiciente la chiesa stessa che, ingombra delle travature di legno a protezione del nuovo fabbricato, impedirono per un bel pezzo la possibilità di posare le nuove pietre. Nel 1832 parte dei lavori dovevano però essere ultimati, se è vero che il Comune dovette fare espressa richiesta all'imprenditore Valentino Valle, responsabile della pavimentazione, di abbattere, sulla Piazza del Ponterosso, il casotto eretto per "comodo delli lavori da tagliapietre della nuova chiesa di S. Antonio, casotto lì da quasi 5 anni".
Le "Condizioni d'incanto" del 1830, relative alla pavimentazione della piazza precisavano, inoltre, che le pietre del vecchio selciato non dovevano essere buttate via, ma trasportate fino al Borgo Giuseppino, sulla riva del mare, per "proseguire il nuovo quais".
Nel 1934 si diedero avvio a quei lavori di interramento del canale che portarono Piazza S. Antonio ad assumere l'odierna fisionomia: una fontana centrale al posto dell'acqua e sei aiuole fiorite da contorno. Utilizzando il materiale proveniente dalle demolizioni di Cittavecchia, l'ultimo tratto dell'antico corso d'acqua piano piano scomparve. Il nuovo spazio che ne derivò prese il nome di Piazza Umberto I.
Tra le curiosità degne di nota figura quella dell'interramento, all'interno del canale, di una torpediniera austriaca che, trovandosi lì ormeggiata da tempo e ormai fuori uso, venne ricoperta dal materiali di riporto, una volta adagiatasi su un fianco. Giace ora sotto la fontana, testimone silente di un passato ormai dimenticato.
Dando le spalle alla chiesa, sul lato sinistro vale la pena di sottolineare la presenza di un altro edificio di interesse storico e sociale di non secondaria importanza: il Caffè Stella Polare. Nel 1900 a causa dei lavori di ristrutturazione della Casa della Comunità Serbo ortodossa, il Caffè, lì ospitato, venne chiuso, si pensò allora di erigere un fabbricato provvisorio, in cemento e legno, che fu ubicato proprio di fronte alla chiesa nello spazio davanti al canale. Ebbe forme secessioniste e durò alcuni anni sino all'inaugurazione del nuovo palazzo progettato dall'ingegner C. Cambiario nel 1902.
Durante gli anni Quaranta e Cinquanta la piazza fu utilizzata come parcheggio autovetture. (da: biblioteche.comune.trieste.it)


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